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La creazione di nuovi vini


    Il XVII secolo si caratterizza per la creazione di nuovi tipi di vino, in particolare il Bordeaux, il Porto, il Madera, lo Sherry e lo Champagne.


  Il Bordeaux

     A seguito dello scoppio della guerra tra Francia e Olanda nel 1672 e alla proibizione del 1678 di importare merci francesi in Inghilterra, alcuni coraggiosi viticoltori bordolesi, tra cui Arnaud de Pontac, di fronte alle ricorrenti crisi commerciali pensarono che la soluzione fosse produrre vini di alta qualità da vendere a prezzi di gran lunga superiori a quelli praticati dai commercianti olandesi.
     Il pontac, di fronte alla concorrenza di nuove bevande e allo sfruttamento dei commercianti olandesi, rispose andando a vendere a Londra, dove aveva aperto un ristorante, una drogheria ed una teverna, il suo "Hout - Brion" ed il suo "Pontac" a prezzi notevolmente alti, presentandoli come prodotti di marca. Da quel momento, malgrado la guerra tra Francia e Inghilterra, i migliori "Claret" di Bordeaux riuscirono ad arrivare nel mercato inglese e a essere venduti a prezzi superiori. Tutto ciò spinse al miglioramento della qualità e all'affemazione dei vini del bordolese. Fu fatta una selezione dei vitigni, fu aumentata la densità d'impianto (5000-10000 ceppi/ha), fu controllata la resa per ettaro e la gradazione minima naturale.

 Il Porto

     La scoperta del Porto si deve ai trattati politici tra Inghilterra e Portogallo e ai privilegi commerciali concessi con il trattato di Mietute ai mercanti protestanti inglesi, in un periodo in cui l'Inghilterra era in guerra con la Francia e aveva difficoltà a rifornirsi di vino. I commercianti inglesi, scozzesi e olandesi cominciarono a organizzare la produzione nella valle del Duoro, dove, a parte i vini prodotti nei monasteri, il resto era imbevibile. Essi, tra l'altro introdussero l'uso di aggiungere brandy nel corso della fermentazione ai già alcolici (14 - 15°) vini naturali per lasciarli dolci e accentuare la loro corposità e forza. Nei primi trent'anni del '700 la viticoltura ebbe un’enorme espansione nelle brulle colline di ardesia dell'alta valle del Duoro. Ben presto però cominciarono le sofisticazioni; la produzione veniva fatta con qualsiasi vino aggiungendo, oltre a brandy di cattiva qualità, anche bacche di sambuco per dare colore e peperoncini essiccati per ottenere il sapore bruciante ricercato dagli inglesi. La fama e il prezzo del Porto calarono; nella regione del Duoro si cominciarono ad abbandonare i vigneti e i viticoltori, nella speranza di potere vendere i loro vini a prezzi vantaggiosi, arrivarono a fare prostituire le loro figlie.

     Nel 1756 il primo ministro portoghese Sebastiao Josè de Carvalho, marchese di Pombal, fondò la "Duoro Wine Company" per controllare la produzione di vino e di brandy. Delimitò la zona di produzione ai suoli ardesiaci, evitando i suoli granitici. Chi voleva comprare terreni, pertanto, andava a vederli alla luce della luna, perché il quarzo contenuto nei suoli granitici luccica, mentre l'ardesia rimane nera. In pratica il marchese di Pombal anticipò le attuali denominazioni di origine controllata. Egli incoraggiò l'uso del brandy e fece estirpare gli alberi di sambuco della zona, proibendo l'aggiunta di bacche di sambuco nel prodotto. La Compagnia fissava i prezzi minimi e massimi e controllava la quantità di vino prodotto e le esportazioni. I vini da esportare dovevano essere sottoposti al parere favorevole degli assaggiatori della compagnia. Nonostante tutto solo verso la fine del XVII sec., quando i mercanti inglesi cominciarono a fare maturare i vini nelle botti a Villa Nova de Gaia, di fronte ad Oporto, sulla foce del fiume Duoro, si ottennero buoni prodotti.
      I Porti vengono prodotti da uve rosse (Tauriga, Bastardo, Mourisco, Tinta) e bianche (Verdelho, Malvasia fina e Rabigato). Le uve vengono pigiate, diraspate e fatte fermentare con macerazione. Raggiunta la densità voluta si svina e si aggiunge acquavite (77-78°) sia per arrestare la fermentazione che per raggiungere la gradazione alcolica di 19%. In annate poco favorevoli si aggiunge Mistella (mosto mutizzato con alcol) per aumentare il tenore zuccherino oltre che alcolico. Il vino dunque può risultare extrasecco, secco, semisecco, dolce, molto dolce o "lagrima" in relazione al momento della "mutizzazione"ed al residuo zuccerino. In passato il vino quindi veniva trasferito, in fusti di 550 litri, dalle "quintas" (tenute agricole) al fiume e caricato in grandi barche a fondo piatto per essere trasportato nelle cantine di Vila Nova da Gaia, vicino a Oporto, dove si effettuava l'invecchiamento. Il vino ancora oggi viene fatto invecchiare in botti di legno per 4-8 anni con frequenti colmature di acquavite invecchiata; a maturazione raggiunta si procede all'eventuale taglio dei diversi prodotti e all'imbottigliamento.
      Si distinguono due tipi fondamentali di Porto: il "Blend" e i "Vintage". Il Blend deriva da tagli, di varie partite e di varie annate invecchiate, operati da esperti degustatori. Il Vintage è il prodotto migliore proveniente da un'unica vendemmia, da un'annata eccezionale, imbottigliato dopo due anni di permanenza nelle botti, senza subire il taglio. L'invecchiamento avviene in bottiglie tenute coricate in cantine fresche.
      Qualsiasi tipo di Porto è messo in commercio non prima di un periodo d’invecchiamento di tre anni e non prima che siano passati sei mesi dal taglio, nel caso di Porto Blend. Alcuni tipi vengono imbottigliati dopo lunga permanenza in botte, altri invece subiscono brevi soste in botte e lunghe permanenze in bottiglia. Naturalmente nel primo tipo prevalgono i caratteri dell'ossidato (Porti bianchi, Porto tawny, Porti speciali con data di raccolta e con indicazione d'età), negli altri quello di riduzione e di fruttato (Porto rosso full, Porto ruby e Porto speciale vintage).
      I Porti possono essere bianchi o rossi; i Porti rossi sono più pregiati, in genere, dei bianchi e sono sempre più o meno dolci. Il colore nei tipi rossi decresce d'intensità passando dal rubino intenso (full) al rosso (red), al rubino (ruby), al giallo aranciato (medium), al topazio-ambrato o miele bruciato (tawny); nei bianchi invece cresce d'intensità, passando dal bianco pallido (pale White) al bianco dorato (golden White). Pertanto, dopo un lungo invecchiamento, non è facile comprendere se il vino all'origine era bianco o rosso.
      In genere si utilizza il Porto bianco secco come aperitivo, il Tawny a fine pasto e il semisecco dolce con il dessert.

Il Madera                                  

     A Madere erano state fatte impiantare, verso il 1455, viti provenienti da Creta e da Cipro. La coltura principale però era la canna da zucchero, data la buona produttività e il fatto che lo zucchero all'epoca era un genere di lusso. Esso veniva prodotto solo in Sicilia, nel Mediterraneo orientale, in Nord Africa e in misura minore nell'Andalusia.
     Verso il 1570 con l'arrivo dello zucchero, migliore e a minor costo, dal Brasile, la superficie a canna da zucchero andò sempre più restringendosi a vantaggio della viticoltura. I vini però anche se prodotti con la migliore malvasia erano leggeri e acidi. Le vigne, infatti, si trovano arroccate sulle alture. La gradazione zuccherina delle uve era pertanto piuttosto modesta (16 -17%), mentre l''acidità totale era molto elevata (12‰ ed anche di più). La virtù del Madera è appunto quella di avere un'acidità elevata, che lo rende facilmente conservabile e rinfrescante in climi caldi.
     Le uve erano pigiate nel vigneto e i mosti venivano trasportati in cantina in grandi otri di pelle di capra per essere fermentati. I vini ottenuti possono essere imbottigliati subito (Vintage) o destinate all'invecchiamento col sistema "soleras".
Per meglio sopportare i viaggi i vini, a fermentazione ultimata o quando avevano il desiderato residuo zuccherino, venivano rinforzati con distillati e spesso anche addolciti con "vinho de surdo"ottenuto miscelando mosto non fermentato e brandy. Anticamente le uve venivano appassite usando forni da pane. Il vino, ossidandosi, assumeva un colore ambrato bruno, mentre il sapore maderizzava.
Tutte le navi, nelle loro traversate atlantiche facevano scalo a Madera per rifornirsi di vino. Lo stesso Cristoforo Colombo vi soggiornò per diversi anni e finì per sposare la figlia del governatore di Porto Santo.
     Negli anni successivi alla scoperta dell'America enormi quantità di Madera furono esportate verso le colonie americane. Si costatò così che la traversata in mare migliorava il prodotto, per cui grandi barili pieni di Madera venivano sistemati nelle stive delle navi dirette nelle Indie orientali e utilizzate come zavorra. Il miglioramento si otteneva anche facendo invecchiare il vino per sei mesi in bottiglie sistemate sotto il concime di galline, di cavallo, ecc.. Nel 1794 si pensò di ottenere i risultati della lunga permanenza in mare in condizioni di alta temperatura, immettendo il vino in speciali ambianti, detti "estufas" in cui si faceva circolare acqua calda a 50° C. per creare nelle cantine di conservazione per diversi mesi un'atmosfera e un calore simili a quelli che il vino subiva attraversando i tropici nelle navi. In epoca moderna si ricorre alla maderizzazione artificiale, utilizzando acqua calda a 70° C., che si fa circolare in serpentini sistemati all'interno dei vasi vinari di grande capacità, in modo che il vino rimanga a 45° C. per due, tre mesi. Per i vini più pregiati, al fine di favorire la maderizzazione, si ricorre alla conservazione per diversi anni (minimo tre) in fusti scolmi sistemati nel sottotetto della cantina, ossia nel punto più caldo.
     Il Madera può essere prodotto: secco, demi-sec o dolce con un colore variabile tra il paglierino (Raimwater) e il dorato (Molmsey). Il più secco è il Sercial, ottimo come aperitivo, ottenuto dall'omonimo vitigno; semisecco e un PO meno pregiato è il Verdello; un po’ più dolce e con aroma più intenso è il Boal, mentre decisamente dolce, caldo, pastoso, di colore oro antico che diventa ambrato con il tempo è il Malvasia.
     Il periodo di maggiore successo del Madera fu durante le campagne napoleoniche; la sua maggiore fonte di assorbimento fu l'Inghilterra. Nel 1478, il duca di Clarence che era stato condannato a morte, preferì essere annegato in un fusto di Madera alla decapitazione.

Lo Jeréz (Sherry in inglese, Xérès in francese)

     Il Sack di Jerèz che nel XVII sec. aveva avuto un periodo di largo consumo, con il trattato di Methuen non si vendeva più. Il commercio con gli olandesi era cessato e i mercanti inglesi erano stati dirottati verso il Portogallo e Madera.
Solo verso la metà del XVIII sec., dopo un lungo periodo di difficile commercializzazione, il vino bianco di Jerèz cominciò a essere conosciuto prima come Sherrisack e poi come Sherry.
      I migliori vini bianchi (sack) giovani, non troppo alcolici (15° circa) di Jerèz tendevano a formare nella botte un velo bianco galleggiante continuo che interessava tutta la superficie con uno spessore variabile e con sfumature cromatiche oscillanti tra il biancastro e il giallastro. Il "Flor o Fiore" è formato da lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae che con il loro metabolismo ossidativo e con la loro autolisi danno origine a particolari profumi. Dal metabolismo ossidativo ed in particolare  dall'ossidazione dell'alcol etilico il composto principale che si forma è l'acetaldeide, ma si ha anche produzione di esteri neutri, di acetali e di acetoina, diminuzione di acidità volatile, produzione di acido acetico e perdita di colore. La buona formazione del velo e lo sviluppo dell'acetaldeide sono strettamente legati alla temperatura: quella ottimale è compresa tra 20 e 25° C.. Per favorire lo sviluppo del "Flor" le botti da sei ettolitri, oltre che alla giusta temperatura, devono essere lasciate scolme, più esattamente riempite per 5/6, in maniera da lasciare molta aria al di sopra del vino: ciò favorisce l'inspessimento del velo superficiale e protegge il vino dall'ossidazione e anche dall'acescenza. Importante è pure mantenere le cantine umide mediante innaffiamento del pavimento in terra battuta.
      L'elevato tenore alcolico dei vini inibisce gli enzimi ossidasici, evitando fenomeni di brutale ossidazione. Anche per questo motivo le uve dopo avere raggiunto la completa maturazione sulla pianta vengono raccolte ed esposte al sole su stuoie per 24 - 48 ore (per produrre i tipi dolci anche per 10 - 15 giorni) con copertura notturna anticondensa, per ottenere un certo appassimento e la concentrazione degli zuccheri: in altri termini si pratica il cosiddetto "solèo". Le uve bianche utilizzate sono il Palomino e il Pedro Ximenes; esse vengono pigiate, pressate in maniera soffice e addizionate di un po’ di gesso (solfato di calcio) per rafforzare l'acidità e favorire l'illimpidimento del mosto. Mosto che viene fatto fermentare in fusti di rovere da 516 litri, nei quali il prodotto rimane fino a febbraio-marzo. Il vino viene quindi travasato in fusti riempiti per 5/6.
      Dopo aver fatto sviluppare il caratteristico velo galleggiante, si effettua l'alcolizzazione portando i vini a 15 - 17°. Per favorire la maderizzazione si cerca di avere mosti e vini con elevate dosi di flavoni ossidabili (in particolare leucoantociani e catechine). La maderizzazione è favorita anche dalla presenza di amminoacidi oltre che da polifenoli, che con le aldeidi danno origine a fenomeni di resinificazione. A tal fine in alcuni casi le uve vengono sottoposte a brevi macerazioni od addirittura si favorisce lo spappolamento delle bucce in fase di ammostatura.
      Lo Sherry viene invecchiato con il sistema della "solera", utilizzando o meno lo strato galleggiante di lievito, detto flor, per la "crianza" , ossia per la maturazione del vino. Il sistema solera consiste nel disporre le botti in file sovrapposte su tre o quattro piani, lasciando in ciascuna botte un vuoto pari a circa 1/6 della capacità complessiva. La fila (escala) più bassa a contatto col suolo prende appunto il nome di solera, mentre le "escalas" superiori quello di "primera", "segunda", etc. criadera.


      Nella solera è contenuto il vino più vecchio che annualmente verrà prelevato in una certa percentuale (in ogni caso non superiore ad 1/3 del suo contenuto) e commercializzato. metodo soleraIl vino prelevato dalla fila della solera verrà reintegrato con vino della prima criadera, che a sua volta verrà riportata a giusto livello con vino della seconda criadera e lo stesso si farà con la terza o quarta criadera (la più alta), il cui livello verrà reintegrato con vino giovane. Per i travasi si usano imbuti che attraversano il velo di lievito senza danneggiarlo e si bada a suddividere il vino prelevato da ciascuna botte in parti uguali in tutte quelle della criadera sottostante. Con questo metodo si ottengono prodotti con caratteristiche costanti.
    
     La crianza de flor dà origine a Jerèz del tipo "fino" e "manzanilla". Il fino è di colore chiaro e meno secco del manzanilla; ha un caratteristico profumo di fiori e di frutta, una gradazione alcolica di 15 - 17° ed è indicato come aperitivo e con ogni specie di pesce. Il termine manzanilla è riservato a Jerèz ottenuti in una zona particolarmente pregiata, quella di Sanlucàr de Barrameda, in cui la brezza di mare mitiga il clima per cui si ha una maggiore costanza di temperatura e una maggiore umidità atmosferica. Il Flor pertanto si mantiene in superficie tutto l'anno e non precipita in inverno ed estate per riformarsi in primavera ed autunno. Il manzanilla è secco, di colore pallido, aromatico, con una gradazione alcolica di 15 - 17°; il suo sapore ricorda la mela (manzana in spagnolo). Si addice ai frutti di mare.
      Gli Sherry, la cui maturazione del vino avviene, a parte la fase iniziale, in assenza di flor, rinforzando il vino normale con brandy ed invecchiandolo sempre con il sistema solera, prendono invece il nome di "oloroso", cioè odoroso, ed "amontillado". L'oloroso è profumato, di colore oro scuro, pieno, armonico, di levata gradazione alcolica (18 - 25°), può essere bevuto sia come aperitivo che come vino da dessert.
      L'amontillado ha colore ambra, sapore di nocciola, 15 - 17° di alcol e si addice con gli antipasti e i formaggi. In commercio esiste uno Jerèz dolce, il "cream" ottenuto mediante aggiunta di mosto cotto.
      I vari tipi di Jerèz si distinguono poi in "primarios", che sono i più pregiati e "secundarios"; essi poi, in base al tenore zuccherino, vengono classificati in : "Dry", "medium" e "dulce".
     La temperatura ideale di servizio degli Sherry è: 6 – 8°C. per i tipi di fino e manzanilla, di 12 – 16°C. per i tipi oloroso e amontillado. Gli Sherry vengono serviti nella caratteristica “copita”, bicchiere ovoidale a forma di calice e sono adatti con i crostacei e come vino da dessert.
       Nella prima metà del XIX sec. lo Sherry era ricercato e apprezzato in tutta la Gran Bretagna; il suo consumo nel 1850 raggiunse e superò quello del Porto.

Lo Champagne

     Dom Pierre Pérignon ha avuto il merito di selezionare alcuni vitigni, in particolare il pinot nero e di avere fissato alcune regole di vinificazione, quali:

  • potare energicamente le viti in modo che producano poca uva;
  • vendemmiare in modo da avere acini e grappoli integri;
  • eliminare gli acini marci, le foglie e tutto ciò che è indesiderabile;
  • non pigiare l'uva e non permettere alcuna macerazione delle vinacce nel mosto;
  • utilizzare il mosto di sgrondatura e della 2a e 3a pressatura per i vini di qualità.

     Tali consigli tecnici venivano dati per produrre il cosiddetto "vin gris", un vino bianco che nel tardo autunno o d0inverno veniva esportato in Inghilterra in botti, per essere poi imbottigliato all'arrivo. Normalmente questi vini, prodotti nella zona di Reims e di Epernay, per il sopraggiungere dei freddi invernali non riuscivano a completare la fermentazione e a trasformare tutto lo zucchero fermentiscibile. Quindi in primavera la fermentazione riprendeva e, se essa avveniva in bottiglie chiuse, dava origine a vini frizzanti. Quei vini trovavano il favore del consumatore ed ebbero presto un grande successo. Per seguire queste preferenze dei consumatori, le uve venivano raccolte quando ancora avevano una buona acidità fissa e quando la temperatura esterna si abbassava, in maniera che la fermentazione autunnale fosse incompleta e riprendesse in primavera. Il problema erano le bottiglie poco resistenti e i tappi che non assicuravano l'ermeticità. Ci si rese conto che la cantina interrata, con temperatura bassa e costante, era un altro fattore importante per evitare che le bottiglie esplodessero e si scoprì che il sottosuolo della Champagne era costituito principalmente da calcare compatto, ideale per scavare cantine profonde senza rischi di crollo. Si scoprì anche che sotto la città di Reims esistevano già enormi cave scavate dai romani per estrarre pietra da costruzione.              Nonostante tutto ciò la presenza della spuma nel vino era aleatoria, il rischio di esplosione delle bottiglie era altissimo (20- 90%), tanto che esso, dopo l'acquisto del vino, era a carico del compratore.
      Nel XVII sec. con i forni a carbone e con l'impiego dell'ossido di piombo nella produzione del vetro si riuscì finalmente ad avere bottiglie sempre più resistenti e adatte alla spumantizzazione; rimanevano però ancora scarse le conoscenze sul chimismo del processo fermentativo e sui lieviti.
      Nel 1805 Nicole-Barve Clicquot-Ponsardin, rimasta vedova, cominciò a commercializzare un prodotto estremamente dolce: prima di spedire le sue bottiglie, toglieva il sedimento e riempiva il vuoto creatosi con una miscela sciropposa di vino, zucchero, alcol e brandy. Fu un dipendente della "vedova", Antoine de Muller, ad inventare il sistema del "remuage" per eliminare il deposito dalla bottiglia di champagne. Prima si usava il "dépotage", ossia il travaso in altra bottiglia con grande perdita di spuma.
      Le vendite di champagne da 300.000 bottiglie della fine del XVIII sec., erano salite a circa 20.000.000 nel 1850. La produzione risultava molto costosa, le bottiglie non erano ancora completamente affidabili; esse non venivano riutilizzate perché si credeva che la pressione indebolisse il vetro. Il vino base non sempre era di buona qualità; era, infatti, facile mascherarlo con l'aggiunta di un’elevata percentuale di sciroppo zuccerino, dato che tutti gli scampagnes all'epoca erano dolci. Il tenore zuccherino era di 165 gr./l. per la Francia e fino a 330 gr./l. per la Russia, mentre in Inghilterra di 22-66 gr./l.. Spesso lo champagne veniva servito "frappé", quasi congelato come un sorbetto e colorato con bacche di sambuco. Ciò giustifica l'uso della "coppa" larga e poco profonda.
      Il sapore dolce relegava lo champagne, al tempo della vedova, a vino da dessert. Solo a partire dal 1850 lo champagne venne prodotto secco, brut da Bollinger e Ayala.