Fonte: VigneVini - Rivista italiana di viticoltura enologia e mercatiCOOH-CHOH-CH2-COOH ⇒ COOH-CHOH-CH3 + CO2
Mensile de Il Sole 24 Ore Business Media n. 7-8 Luglio-Agosto 2010
edagricole
L'esecuzione della fermentazione malolattica (FML) può essere attuata da batteri lattici che possono appartenere a 4 diversi generi; Oenococcus, Leuconostoc, Lactobacillus e Pediococcu: in genere, a pH inferiori a 3,5, sopravvivono e possono avviare la FML solamente i batteri eterofermentativi appartenenti alla specie Oenococcus oeni.
Questa specie infatti è quella che viene più largamente inoculata per condurre una buona FML, anche se ultimamente è stato dimostrato che un'altra specie, Lactobacillus plantarum, possiede un corredo enzimatico capace di influire sul profilo organolettico del vino in modo forse più marcato rispetto a O. oeni.
Questa specie batterica è risultata adatta ad operare la FML in vini a pH elevato mostrando nel contempo una buona resistenza alle alte gradazioni alcoliche. Questa fermentazione secondaria che vede la metabolizzazione dell'acido L-malico in acido L-lattico, è una scelta che coinvolge sempre più vini, non solo rossi ma anche bianchi fermi e strutturati, anche se la sua attivazione non può prescindere dalla tipologia di vino e dagli obiettivi di prodotto che ci si è prefissati.
Chimismo della FML
Come già accennato, da un punto di vista chimico la FML consiste nella trasformazione dell'acido L-malico in acido L-lattico. Tale trasformazione viene effettuata tramite l'intervento di un enzima detto enzima malolattico, che in O. oeni ha un peso molecolare di 138.000 ed è costituito da due subunità del peso di circa 65.500. La conversione di acido L-malico in acido L-lattico ad opera dell'enzima malolattico necessita di due cofattori, quali NAD e Mn2+, ed avviene secondo lo schema seguente:
NAD Mn2+
Acido L-malico--------->Acido L-lattico + CO2
Enzima malolattico
La FML, pur producendo solo quantità infinitesime di energia, sembra che abbia un'azione di stimolo sulla crescita batterica in quanto l'aumento di pH che si osserva nello svolgimento della fermentazione non appare sufficiente a spiegare l'incremento della popolazione batterica.
La trasformazione di un acido dicarbossilico (il malico) in uno monocarbossilico (il lattico) porta infatti come prima conseguenza ad una diminuzione dell'acidità del vino ed un conseguente innalzamento dei valori di pH rendendo così l'ambiente molto ostile alla vita microbica; il primo approccio con FML è stato infatti quello di considerarla un intervento di disacidificazione e di aumento della stabilità microbiologica del vino. Attualmente, con lo svilupparsi delle conoscenze scientifiche e con il moltipricarsi delle esperienze in cantina, la FML ha assunto un ruolo decisamente più complesso e volto a migliorare la qualità globale del vino.
Infatti, come avviene per la fermentazione alcolica (FA), anche nella FML gli effetti sulle caratteristiche finali del vino non si limitano al semplice biochimismo della fermentazione (trasformazione zucchero/alcol o a. malico/a. lattico), ma vi sono fenomeni molto complessi che vanno ad influire in modo significativo sul profilo aromatico del vino, sulle sensazioni tattili, sul colore dei vini rossi, ecc.
Condizioni nutrizionali ed ambientali
Il vino è un mezzo molto complesso e piuttosto ostile alla vita microbica in quanto presenta alcune caratteristiche peculiari quali:
>>un'elevata acidità;
>>presenza di alcol in misura più o meno importante;
>>presenza di carboidrati da utilizzare come fonte di carbonio (è stata osservata un'inibizione della FML in vini in cui la somma di fruttosio e glucosio non raggiungeva gli 0,2 g/l);
>>presenza di quantità più o meno elevate di anidride solforosa (SO2), sia esogena sia prodotta naturalmente dal metabolismo ammioacido del lievito (si consideri che la presenza di 0,5 mg/hl di SO2 in forma molecolare è sufficiente ad inibire l'attività batterica);
>>presenza di tannino, che in alcune varietà può ostacolare l'attività batterica rendendo difficile la FML.
A questi fattori, sempre presenti nei vini, se ne possono aggiungere altri quali la presenza di residui di fitofarmaci, l'attività residua di lisozima eventualmente impiegato in
precedenza, la compattazione delle fecce sul fondo della vasca, le sostanze rilasciate dal lievito che ha condotto la FA e la presenza di ossigeno.
I batteri lattici si trovano quindi a dover vivere in un ambiente molto difficile, tanto più se consideriamo che, pur adattandosi anche a basse temperature, ai fini enologici, per evitare FML stentate o richiare un arresto della stessa, è opportuno mantenere il vino ad una temperatura superiore a 20°C. Occorre considerare anche che le esigenze e le tolleranze possono notevolmente cambiare da ceppo a ceppo di O. oeni. Per queste ragioni è sempre consigliabile effettuare un inoculo di batteri selezionati al fine di garantire la colonizzazione del vino da parte di un ceppo con esigenze e potenzialità note, ed evitare che prenda il sopravvento una popolazione microbica che non sia in condizioni di portare al termine la FML o che produca dei fattori negativi per il vino, quali possono essere odori sgradevoli, un'eccesso di acidità volatile o addirittura la presenza di ammine biogene. Queste ultime, nel migliore dei casi, hanno solo un odore nauseabondo (come, ad esempio, putrescina e cadaverina), ma possono anche essere sostanze dannose per la saluta umana ( come istamina e tiramina) il cui tenore nei vini potrebbe essere un fattore limitante per la commercializzazione dei vini in alcuni Paesi.
La scelta del momento per l'inoculo
La pratica più consueta di conduzione della FML prevede un inoculo quando la FA è terminata.
Si opera così un inoculo sequenziale mantenendo una separazione temporale tra l'attività dei lieviti e quella batterica. Questo perchè l'opinione più diffusa fino a qualche anno fa era che lo svolgimento della FML in presenza di zuccheri portasse alla produzione di acido acetico e acido D-lattico dando luogo al cosiddetto "spunto lattico".
In tempi relativamente recenti si è cercato di valutare qual è il momento migliore per inoculare i batteri, prendendo in considerazione anche la possibilità di svolgere la FML in concomitanza con la FA. Tale pratica, comunemente nota col nome di "coinoculo" presenta alcuni vantaggi operativi di notevole interesse pratico per le cantine, primo fra tutti il risultato enologico, con la produzione di vini più morbidi con uno stile fruttato molto apprezzato dal mercato. In secondo luogo non è da sottovalutare la notevole semplificazione operativa, con la ridotta necessità di mantenere il vino in movimento per evitare il compattamento delle fecce in quanto già operato dalla cura della FA e dalla FA stessa.
Tra gli altri vantaggi vi è anche quello di porre i batteri in un ambiente meno ostile in quanto il tenore in alcol al momento dell'inoculo è ancora molto basso: la popolazione batterica cresce con l'aumentare della concentrazione di alcol sviluppando un migliore adattamento.
L'opportunità o meno di eseguire il coinoculo è molto controversa in quanto esistono dati a favore e dati che ne sconsigliano l'applicazione in quanto si osserva effettivamente una crescita dell'acidità volatile, il non completamento della FML e, in alcuni casi anche l'arresto della FA. Da quanto riportato in letteratura non è possibile stabilire a priori se sia meglio effettuare un inoculo sequenziale o sia più opportuno applicare la tecnica del coinoculo in quanto molto dipende dalle interazioni complesse che intervengono nel rapporto tra ceppo di lievito e ceppo batterico. Un recente lavoro ha evidenziato come l'incompatibilità tra ceppo di lievito e ceppo batterico possa essere dovuta alla produzione, da parte del lievito di sostanze proteiche, che renderebbero l'ambiente mosto-vino incompatibile con l'attività batterica. Ne deriva che l'applicazione dell'una o dell'altra tecnica va valutata volta per volta basandosi su quanto riportato in letteratura.
Unesperienza di cantina
L'azienda Agricola Giovannini Giorgio e Jacopo, sita in Imola, vinifica le uve di varietà Sangiovese, Cabernet, Barbera, Albana, Trebbiano Romagnolo, Pinot Bianco e Chardonnay prodotte nei propri terreni.
L'azienda ha ritenuto opportuno sperimentare la tecnica del coinoculo su Sangiovese sia per produrre un vino fresco di pronta beva tentando di far risaltare le caratteristiche fruttate, sia per poter snellire le operazioni di cantina, soprattutto per l'aspetto del riscaldamento dei vini durante il periodo successivo alla FA, operazione che richiede un notevole dispendio energetico e a volte pone anche delle oggettive difficoltà legate all'attrezzatura di cantina. Nel 2007, con la gentile collaborazione di Lallemand Italia, si è avviata una prova di cantina con un'unica ripetizione approntando, con l'uva proveniente dal medesimo vigneto, due vasche da 50 hl di cemento. Le due partite sono state lavorate nello stesso modo, utilizzando gli stessi materiali, le stesse pratiche di cantina e le stesse tempistiche, eccezion fatta per l'epoca di inoculo delle colture batteriche selezionate. Il lievito utilizzato è il ceppo Lalvin BM 4X4.
Nella vasca in cui è stato praticato il coinoculo, lo starter batterico (Lalvin VP41) è stato innestato 24 ore dopo l'inoculo dei lieviti al fine di evitare pericolosi contatti dei batteri con l'SO2 aggiunta al momento della pigiatura. Questa è stata aggiunta nella forma di metabisolfito di potassio alla dose di 6 g/q (equivalenti a circa 30 mg/l di SO2 nel mosto). Particolare attenzione deve infatti essere posta nella solfitazione delle uve in quanto un eccesso dell'antisettico può portare alla distruzione dello starter batterico inoculato; in generale non devono essere usati quantitativi superiori a 50 mg/l.
La FA è stata seguita attraverso la misurazione quotidiana della densità tramite mostimettro babo e della temperatura, mentre la degradazione dell'acido malico è stata valutata mediante l'impiego di un riflettometro portatile Reflectoquant della ditta Merck e gli specifici kit enzimatici. Contemporaneamente, con lo stesso strumento, si è misurata anche la concentrazione dell'acido lattico. Per quanto concerne l'andamento della FA, non si sono osservate differenze di rilievo tra le due vasche in esame, segno che la presenza dei batteri nel mosto in fermentazione non ha influito sull'attività metabolica dei lieviti che sono riusciti, in entrambi i casi, a portare a secco il vino. In figura1 sono riportati gli andamenti delle temperature e della fementazione alcolica.
L'inoculo dei batteri selezionati nella prima vasca è stato fatto il giorno successivo all'innesto dei lieviti per le motivazioni sopra già esposte; successivamente si è provveduto a monitorare la concentrazione dell'acido L-malico ad intervalli di tempo il più possibile costanti. Nella seconda vasca l'inoculo dello starter batterico è stato eseguito 2 giorni dopo la fine della FA.
In figura2 si possono osservare le curve di degradazione dell'acido L-malico. Nella vasca in cui si è effettuato il coinoculo lieviti-batteri la degradazione dell'acido L-malico è iniziata subito ed ha avuto un andamento rapido che, in meno di tre settimane dalla vendemmia, ha portato alla quasi completa metabolizzazione dell'acido. In questa vasca, come in quella in cui i batteri sono stati introdotti dopo la fine della FA, si è preferito interrompere la FML quando era ancora presente un residuo di a. malico per evitare che i batteri, trovandosi in una situazione di carenza di substrato, potessero attaccare l'acido citrico con conseguente produzione di acidità volatile. Questa, in entrambe le vasche si è mantenuta a livelli di 0,35 g/l.
Questo differente andamento della FML ha portato, oltre ad una più pronta maturazione del vino nel caso del coinoculo, ad alcune differenze organolettiche dei vini, rilevate mediante degustazione alla cieca di un panel composto da 5 persone. Tali divergenze si sono manifestate soprattutto a livello olfattivo, dove il vino derivante da coinoculo mostra un più marcato carattere fruttato unitamente a note minerali, mentre a livello gustativo si presenta più pieno, con maggior volume e intensità tannica rispetto al vino della vasca di confronto del quale è stata rimarcata anche una minor persistenza gusto olfattiva (figura3 e figura4 ).
L'esperienza, condotta su scala di cantina è stata poi ripetuta negli anni seguenti ed estesa ad altre tipologie di vini, sia rossi che bianchi, ottenendo sempre un miglioramento qualitativo del vino prodotto ed in alcuni casi ha anche permesso il compimento della FML in vini bianchi strutturati ad elevata acidità come ad es. l'albana. La tecnica del coinoculo si è quindi mostrata molto efficace per raggiungere gli obiettivi enologici che l'azienda si pone, anche se occorre porre molta attenzione nella scelta dei ceppi di lievito e di batteri, al fine di non incorrere in arresti di fermentazione o non compimento della FML.
Onde evitare questo tipo di problemi è sempre opportuno rivolgersi ai servizi di ricerca delle case produttrici di colture starter.
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