Girolamo Molon è senza dubbio una delle figure più rilevanti per la storia dell'ampelografia italiana ed europea. Si laurea in Scienze Agrarie nel 1882 all'Università di Milano e negli anni successivi è segretario del Comizio Agrario di Crema, dove si dedica in particolare a mettere in ordine il ricco vivaio pressochè abbandonato. Nel 1890, dopo una breve parentesi da assistente alla Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano Veneto, vince la cattedra di Viticoltura, Pomologia e Orticoltura presso la Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Milano. Qui trova la collezione ampelografica realizzata vent'anni prima dal professor Cantoni e inizia a sistemarla e a ingrandirla. Nel 1906, quando pubblica la sua Ampelografia (con il sottotitolo Descrizione delle migliori varietà di viti per uve da vino, uve da tavola, portainnesti e produttori diretti), la collezione conta 450 varietà di viti, catalogate e studiate con assiduità.
L'obiettivo principale della sua opera è quello di fornire una guida pratica per la scelta delle varietà di vite da utilizzare per i reimpianti necessari dopo la crisi fillosserica. Il testo sembra rivolgersi direttamente ai viticoltori di tutta Italia (o europei in generale) che si trovano a fare scelte vitali nel momento in cui decidono di ricominciare la loro attività.
All'interno del dibattito postfillosserico, che aveva diviso il mondo scientifico in due schieramenti - da una parte i sostenitori del metodo distruttivo, che era quello adottato dalle autorità e prevedeva d'espianto dei vigneti infestati, dall'altra quanti sostenevano la necessità di andare verso una rapida ricostituzione dei vigneti su portinnesto americano -, Molon si schierò decisamente per la seconda tesi, incoraggiando con forza la costituzione di un'industria vivaistica moderna, capace di valutare quali portinnesti e quali varietà fossero le più adatte alla ricostruzione dei vigneti italiani.